giovedì 21 marzo 2013

La mia capacità di prolungare i periodi d'assenza è a dir poco notevole.


Un tema di qualche tempo fa (scritto in un momento di furia "sacra").


Le nuove povertà

Il ventesimo e il ventunesimo secolo sono caratterizzati da una serie di eventi dalla portata epocale mai avvenuti prima, come le due Guerre Mondiali, e da una serie di cambiamenti innescati alla fine del diciottesimo secolo con la Prima Rivoluzione Industriale che hanno scosso e modificato in maniera radicale la struttura sociale, economica, politica e culturale dell’Europa e del mondo.
Al contrario dei secoli precedenti, i cambiamenti a livello culturale del secolo scorso e di quello attuale sono molto più veloci e “profondi”, tanto che chiunque mi potrebbe tranquillamente dire che tra gli anni ’70 e gli anni ’80 si notano già grandi differenze. Ma come per ogni cambiamento, e in questo caso si potrebbe quasi parlare di una rivoluzione, ci si domanda se questi cambiamenti siano stati o positivi o meno. Ovviamente parlerò soprattutto dell’Italia, visto che la situazione dell’Europa o del mondo in generale è diversa ed estremamente complicata.

A dir la verità, io non voglio parlare dei cambiamenti a livello economico o sociale nella penisola italiana o nel continente europeo, perché non ne ho le competenze, non sono ben informato e per questo rischierei di scrivere qualcosa di estremamente vago ed insipido. I matrimoni tra persone dello stesso sesso e la fecondazione assistita, per esempio, sono tematiche ampiamente dibattute e attuali, ma, anche se mi dichiaro a favore di tutte e due, ho paura di scrivere qualcosa di banale per un argomento che richiede un certo livello d’informazione e una certa dose di tesi convincenti. Quello di cui voglio parlare è la situazione culturale e morale dell’Italia, soprattutto quella dei giovani che vedo e in cui vivo (e sopravvivo) tutti i giorni.

Partiamo da una piccola premessa: credo fermamente che una povertà morale porti quasi sempre ad una povertà culturale, e viceversa. Essere abituati a leggere insegna qualcosa: non so molto sulla vita, sono un quasi diciottenne inesperto; ma quelle poche cose che so le ho imparate su quei libri che m’hanno fatto sognare e una vita senza libri per me è una vita vuota. Ed avere una bassezza morale accentuata non ti porta spesso ad essere un uomo di cultura, come si può constatare da alcuni personaggi di spicco come politici corrotti che non sanno citare il primo articolo della Costituzione o celebrità che “il congiuntivo, questo sconosciuto”.

”Tutti senza credito ma con l’iPhone. Ragazze disoccupate con le mani in testa e le unghie rigorosamente ricostruite. Gente che piange miseria nelle migliori discoteche.
L’unica crisi che vedo è di valori.” Questo è quello che scrive un ragazzo su Internet e credo che esprima bene la situazione generale dell’Italia. La crisi economica c’è e si sente, ma questa crisi di valori ce la stiamo portando dietro da troppo tempo. Quello che vedo tra i miei coetanei è soprattutto l’ostentazione di “valori” che valori non sono e la classificazione delle persone: non hai vestiti di marca? “Sei fuori moda”. Ti fidi di poche persone? “Sei un asociale”. Non vai in discoteca, non ti droghi, non bevi e non fumi? “Stammi lontano, non abbia a contagiarmi!”. Sabato sera passato in casa? “Ma come diavolo hai fatto?!?”. Non hai una ragazza? “Peggio della peste, o sei sfigato o sei frocio”. L’ostentazione è una cosa che non sopporto che utilizzo il meno possibile, ma se dovessi per forza vantarmi di qualcosa mi vanterei di non avere la maggior parte quelle convinzioni e convenzioni sociali assolutamente immotivate e nocive di cui tante persone non possono fare a meno. La classificazione e la conseguente emarginazione poi sono tipiche delle piccole menti: o sei bianco o sei nero, o “sei simpatico e sei il mio migliore amico” oppure “ti odio e spero tu crepi”. Ovviamente variano a seconda del fattore COMODITA’, e qui subentra l’ipocrisia: mi sono ritrovato spesso con delle persone che mi parlavano alle spalle dicendo peste e corna ma che mi rivolgevano il sorriso e che mi chiedevano dei favori, tipo studiare con loro o passare gli appunti (e stranamente, sono sempre occupato e i miei appunti sono schemi troppo sintetici per loro).

Per quanto riguarda la povertà culturale bisogna dividerla in due categorie: semplice ignoranza, come mancanza d’informazione e di sapere, e l’informazione manipolata. La prima è molto semplice da risolvere, basta un po’ di umiltà e voglia d’imparare; la seconda è molto più difficile ed è quella che mi fa più paura. Le notizie più scomode vengono censurate, si parla solo di quello che ci fa comodo. E diventa molto più facile governare un Paese di ignoranti e portarlo al suo collasso. Distruggendo l’istruzione e la sanità.
Ho paura. Ho paura di questo Paese che non si accorge del rischio che sta passando, di questo Paese che sta attraversando una crisi a tutto campo e fa poco per rimettersi in piedi; di questo Paese che ha enormi potenzialità ma che non le sfrutta al massimo.
Ho paura e sono indeciso: resto a combattere per un Paese che praticamente mi rema contro, oppure me ne vado e cerco nuove strade?
Non lo so. Ma per ora continuerò a fare le tre cose più rivoluzionarie e anticonformiste di questo periodo: leggere, informarmi e studiare.

martedì 12 marzo 2013

Souvenir

Il blog si è preso una pausa di due giorni in più causa virus influenzale che i miei genitori mi hanno voluto amorevolmente condividere senza il mio permesso e consenso.
Perché in famiglia si condivide tutto, soprattutto i batteri.

sabato 2 marzo 2013

Parto malissimo con questo diario virtuale

A chiunque mi chiedesse cosa preferisco tra mare e montagna, gli risponderei che non posso farne a meno di tutt'e due. Come faccio a scegliere così facilmente tra l'essere in compagnia con gli amici e quella bellissima sensazione di solitudine e di contatto con la natura che ti dà la natura? E' impossibile. Certo, in montagna ci vado solo per una settimana all'anno mentre al mare alcune volte ci sto anche un mese, ma non per questo è meno significativa questa gita.

La solitudine è bellissima, se sai come sfruttarla. Se non la senti come un peso e se te la "auto-imponi" e non te la impongono. Mi permette di navigare a fondo dentro di me e scoprire qualcosa che non mi ricordavo. C'è una poesia che fa un paragone tra il poeta (o un uomo comune) che immergendosi dentro sé stesso ritorna a galla con un piccolo tesoro. Magari mi ricordassi il titolo o l'autore.

Queste riflessioni mi fanno divagare troppo. Volevo soltanto annunciare che per una settimana non scriverò, non avendone alcuna possibilità.
Marco

venerdì 1 marzo 2013

Costanza

Niente è più gratificante di una forma di Wushu che fai e correggi da almeno 2-3 anni e finalmente la mia maestra mi dice: "L'hai fatta da manuale a parte un paio di errori. Continua così e stavolta salirai sul podio alle Nazionali." Nulla. Neanche un dieci a matematica mi farebbe sentire più soddisfatto in questo momento, neanche un sette a spagnolo.

Perché sono riuscito a dimostrare a me stesso che anche se sono svantaggiato rispetto ai miei compagni (sono asmatico e sono poco resistente) riesco a raggiungere il loro livello. Devo imparare a pretendere di più da me stesso.

giovedì 28 febbraio 2013

Lego ergo sum

Uno dei miei problemi di questo periodo è la lettura. Amo leggere: i libri  ti portano in mondi lontani alcune volte più felici di questo, altre volte ti fanno aprire gli occhi su realtà che non credevi fossero così terribili (o così magnifiche). Sono un amante del fantasy e della fantascienza, anche se ho letto un po' di tutto. Già, "ho letto": è da più di 7-8 mesi che non leggo.

E'... terribile, non saprei come descriverlo e farne un paragone. Non ho voglia di leggere niente e/o non trovo nessun libro particolarmente interessante. Non mi viene più l'impulso come prima di aprire un libro e cominciare a leggere, oppure rileggere per la diciassettesima volta "Queste oscure materie" come fa mia sorella. Leggo raramente in vacanza, quando forse sono più rilassato.
E' così e basta, è sbagliato e non so cosa fare. Mi sento uno stupido, soprattutto perché continuo a vantarmi con gli altri (per primi i miei compagni di classe) di una cosa che non faccio più e senza la quale loro sono rimasti degli ignoranti. E degli sgrammaticati che credono che il congiuntivo sia una crema per la pelle.

Non voglio diventare come loro.

mercoledì 27 febbraio 2013

Manifesto di poetica da blog (?)

Ecco, rileggo due, tre, quattro volte quello che ho scritto ieri sera e mi sale il cuore in gola. E ora? Cosa scrivo? Non voglio mica sembrare uno che scrive delle solite quattro cavolate che gli capitano a scuola e con gli amici o dare l'impressione di uno che si lamenta continuamente. O tutt'e due.

Mmm. Proverò ad esprimere quello che voglio raggiungere scrivendo in questo blog, un po' come un manifesto di poetica (ovviamente ad un livello più basso, non pretendo di essere uno scrittore):

  1. Come ho già detto ieri voglio migliorare me stesso, rileggendomi e rileggendo i (possibili, improbabili e magari assurdi) commenti;
  2. Cercare di scrivere tutti i giorni, salvo che non sia a giro per il mondo o bloccato a letto con la febbre a 40 (casomai me ne dimenticassi, ahimè, perdonatemi);
  3. Trovare un qualche spunto per le mie riflessioni;
  4. Serendipità: trovare casualmente e fortunosamente una cosa o una persona, oppure imbattersi casualmente e fortunosamente in un evento, mentre si sta cercando qualcos'altro.


L'ultimo punto è un po' strano, lo so, ma forse questo blog mi porterà a qualche scoperta che neanche posso immaginarmi. Comunque vada, mi servirà a qualcosa... No?

In fondo, di che mi preoccupo? Il passo più difficile l'ho già fatto: ho cominciato a scrivere. Ora devo solo continuare, piano piano.

martedì 26 febbraio 2013

L'inizio

Ho voluto cominciare un blog. Perché? Sinceramente me lo domando anch'io. Forse perché l'idea di un diario mi ha sempre ispirato. E mi sembrava anche stupido, a dir la verità: scrivo per me stesso, ma chi commenta? Chi mi critica? Va bene essere persone mature e cercare di migliorarsi, ma questo è conflitto d'interessi! Questo è quello che mi ha sempre trattenuto dallo scrivere un diario. Forse qui qualcuno mi può dare una mano con me stesso.

Ho Facebook, ma a che mi serve? Non sono una persona importante, che conosce tanta gente e/o che riesce a fare l'ipocrita con loro. Lì scrivo ciò che penso, e vengo continuamente ignorato ed insultato alle mie spalle. Posso anche scrivere una cosa personalissima, unica, ed avrò meno successo di quello che fa il figo in classe mia scrivendo le solite banalità sull'amore illudendosi di saperne qualcosa. Non che voglia il successo e l'essere celebre, intendiamoci: mi piacerebbe essere apprezzato per quello che penso ogni tanto. Per il resto ho deciso di intraprendere una strada difficile: essere coerenti con i propri ideali e fare quello che voglio IO, non quello che i miei compagni in maniera subdola tentano di farmi fare.

Ecco, rileggo questo piccolo pezzo che ho appena scritto e mi ritorna in mente il perché mi piace tanto scrivere: per sfogo. Forse mi dovevo chiamare "Diario di un ragazzo che si vuole sfogare", chissà. E' una sensazione benefica per me lo scrivere: un po' come la sigaretta per i fumatori.

Farò (anzi, spero di fare) molte riflessioni su questo blog, quelle che non posso fare con i miei coetanei. E se nessuno mi seguirà, non mi importa più di tanto. Scriverò un blog per me stesso, per Marco.